Fattori di
rischio

Quali sono le cause che conducono alla demenza? Non è ancora chiaro, ma numerosi studi hanno evidenziato diversi fattori che in qualche modo possono essere legati all’aumento del rischio di sviluppare questa condizione patologica.

Chiariamo cosa sono i fattori di rischio…
I fattori di rischio sono quindi condizioni che sembrano avere qualche relazione con lo sviluppo di una malattia; se i fattori di rischio sono presenti, vi è una maggiore probabilità, ma non una certezza, di sviluppare una determinata malattia. Lo stesso vale per le demenze. I fattori che possono influire ed accelerare il processo di invecchiamento cerebrale e di declino delle funzioni cognitive, possono essere distinti in: fattori di rischio non modificabili e fattori di rischio modificabili. Quest’ultimi se corretti possono ridurre il rischio di demenza.

 

Le informazioni contenute in questa pagina hanno il solo scopo di far conoscere al consumatore alcuni aspetti del problema trattato e non sostituiscono il parere del medico.

Approfondimenti

L’interazione dei fattori di rischio nel declino cognitivo

I FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI
Tra i fattori non modificabili abbiamo l’invecchiamento e la componente genetica.

I FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI
Numerose sono le evidenze in merito alla comorbilità con altre problematiche come fattore di rischio per le demenze. Quelle a maggior impatto sono: l'ipertensione, il diabete mellito, il fumo, l’obesità, l’ictus, le malattie cardiovascolari e la depressione.

Queste problematiche, che spesso si presentano già nella mezza età, aumentano il rischio di demenza, motivo per cui è importante attuare degli interventi di prevenzione.

Anche lo stile di vita e i fattori ambientali possono influenzare il rischio di demenza. Ad esempio, vivere da soli, soffrire di solitudine, vivere in condizioni di isolamento sociale e stress psico-sociale può aumentare il rischio di demenza; invece livelli più elevati di istruzione, l'impegno nell’esercizio fisico e in attività cognitivamente e socialmente stimolanti esercitano un effetto protettivo.

Focus diabete

Il diabete mellito è una patologia cronica in costante e notevole espansione nei paesi industrializzati (1). I dati riportati nell’annuario statistico ISTAT 2014 indicano che in Italia è diabetico il 5,5% della popolazione (5,3% degli uomini e 5,6 % delle donne), pari a oltre 3 milioni di persone (2).
In particolare il diabete di tipo 2 è la forma più comune infatti interessa il 90% dei soggetti diabetici (3).

La patologia si può manifestare già a partire dai 40 anni di età, ma solo intorno ai 55 anni inizia il picco di ascesa, fino a raggiungere una prevalenza del 20.3% nelle persone con più di 75 anni di età (2,3).

Il diabete é una malattia metabolica in cui si verifica un aumento delle concentrazioni ematiche di glucosio (iperglicemia). Il diabete può essere causato da un deficit assoluto di secrezione insulinica (insulino- deficienza), o da una ridotta risposta all’azione dell’insulina a livello degli organi bersaglio (insulino-resistenza), o dalla combinazione dei due fattori (4).

L'aumento dei livelli ematici di glucosio genera nel tempo, effetti nocivi come incremento del rischio cardio-vascolare e aumento dei processi infiammatori che a loro volta vanno a generare effetti tossici anche sulle cellule cerebrali. Per questi motivi il diabete è identificato come fattore di rischio importante per il declino cognitivo. Infatti nel paziente diabetico il rischio relativo di MCI è del 22%, e la prevalenza nel soggetto anziano con diabete è del 31.5% (5,6).

Questo vale ancor di più se la patologia si manifesta nelle persone più giovani. Infatti in uno studio condotto su pazienti di mezza età (media 55 anni), con diabete poco controllato, è emerso che seppur soggettivamente non lamentavano alcun tipo di disturbo cognitivo, manifestavano già alcuni deficit nelle risposte ai questionari per la valutazione della memoria. La presenza di questi deficit trovava riscontro con esami di diagnostica strumentale (RMN). Le immagini mettevano in luce modificazioni morfologiche in alcune aree crebrali dove risiedono i domini cognitivi associabili alle abilità che facevano registrare una performance meno brillante ai test.
Avvalora l'ipotesi che il diabete possa indurre modificazioni morfologiche della struttura cerebrale comuni anche alle demenze, ne consegue che gestire adeguatamente questa patologia rientra in un ambito di prevenzione per il declino cognitivo e la demenza (7).

Approfondisci>> infografica DIABETE
 

Bibliografia

1. Harris M et al.; Diabetes in America 1995. 2nd edition;

2. Istat 2014;

3. Epicentro. www.epicentro.iss.it;

4. Quaderni del Ministero della salute;

5. Cheng G et al.; Intern Med J 2012; 42(5): 484-91;

6. Ninomiya T; Curr Diab Rep 2014; 14: 487;

7. Hoogenboom WS et al.; Diabetes 2013 Nov 07.

Focus ipertensione

In Italia circa 15 milioni di persone (56% degli uomini e il 43% delle donne di età compresa tra 35-79) soffrono di ipertensione (1-2). L’ipertensione arteriosa è una patologia molto frequente nella popolazione anziana, infatti l’incidenza può attestarsi al 65-75%  tra gli individui con più di 75 anni (3).

Se non controllata l’ipertensione può essere un importante fattore di rischio cerebrovascolare e si ipotizza che possa giocare un ruolo importante nella patogenesi del declino cognitivo.
In letteratura, sono diversi gli studi che correlano l’ipertensione e l’invecchiamento cerebrale. Quello che si è osservato è che la pressione arteriosa è inversamente correlata con le funzioni cognitive (3).

  • L’età di esordio della patologia è un fattore che influisce sulle prestazioni cognitive ed infatti è stato dimostrato che se l’ipertensione si manifesta già nella mezza età, il processo di invecchiamento cerebrale è più rapido (4).
  • Anche l'intensità e l'esposizione prolungata ai picchi pressori possono aumentare il rischio di lesioni a livello cerebrale e accelerare il processo di invecchiamento (5).

    Approfondisci >> Infografica IPERTENSIONE

 Bibliografia

1. Ministero della salute (http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=18&area=Malattie_cardiovascolari);

2. Osservatorio epidemiologico cardiovascolare (Oec)/Health Examination Survey (Hes) 2008-2012;

3. Paglieri C et al. Annuale. Ital Med Int 2001; 19:163-170;

4. Debette S et al. Neurology 2011; 77: 461-468;

5. Tzourio C et al. Hypertension 2014; 63:894-903.

Focus ipercolesterolemia

L’ipercolesterolemia, ovvero l'eccessiva concentrazione di colesterolo nel sangue, non è una vera e propria malattia, bensì un disordine metabolico che a sua volta può divenire causa di svariati processi morbosi, in particolare di patologie cardiovascolari.

Il colesterolo è una sostanza lipidica necessaria al corretto funzionamento dell’organismo: partecipa alla sintesi di alcuni ormoni e della vitamina D ed è un costituente delle membrane delle cellule. Il colesterolo può essere introdotto attraverso la dieta ed assorbito a livello intestinale oppure può essere prodotto dal fegato. (1)

Nel sangue il trasporto del colesterolo è affidato alle lipoproteine. Esistono quattro tipi di lipoproteine, di cui le più importanti per la prevenzione cardiovascolare sono le LDL (lipoproteine a bassa densità) e le HDL (lipoproteine ad alta densità). Si parla di ipercolesterolemia quando il colesterolo totale (LDL più HDL) è troppo alto. (1)

In Italia, il 21% degli uomini e il 23% delle donne è ipercolesterolemico (ha cioè il valore della colesterolemia totale uguale o superiore a 240 mg/dl, oppure è sotto trattamento specifico) (1).

L’incidenza aumenta con l’avanzare dell’età, infatti nella popolazione anziana (65-75 anni) l’incidenza può arrivare al 32%. (1)

L’ipercolesterolemia è un fattore di rischio che può accelerare fino a 1.3 volte il rischio di sviluppare la demenza, soprattutto se si presenta precocemente intorno ai 50 anni di età.(2-3)

APPROFONDISCI >> INFOGRAFICA IPERCOLESTEROLEMIA

Bibliografia

1. Dati rielaborati. http://www.epicentro.iss.it/problemi/colesterolo/epid.asp.

2. American Academy of Neurology (AAN) – Meeting, 2008

3. Corrao G. et al.; Atherosclerosis. 2013; 230 (2): 171-6, 2008.

Focus depressione

La depressione è un disturbo diffuso tra la popolazione generale. Si stima che nel 2020 la numerosità dei casi di depressione sarà seconda solo alle patologie cardiovascolari, conferendo un rischio quasi doppio di mortalità. (1)

Dai dati diffusi nel 2017 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) emerge che in Italia circa 3 milioni di italiani ne soffra e siamo secondi solo alla Germania. (1) Colpisce di più le donne rispetto agli uomini con una prevalenza del 14,9% vs 7,2%. (2) Nella popolazione anziana i numeri aumentano arrivando ad una prevalenza del 20% , questo perché gli anziani hanno maggiore probabilità di vivere eventi emotivamente stressanti. (3)
Inoltre, con l’aumento della popolazione anziana ci troviamo di fronte ad un fenomeno che vedrà negli anni un
aumento del numero di persone affette da depressione, oltre ad altre patologie tipiche della senilità.

Infatti la depressione e il declino cognitivo sono due condizioni patologiche che si ritrovano associate spesso nella popolazione anziana. Infatti il 20% dei pazienti affetti da depressione soffre di declino cognitivo. La prevalenza complessiva di depressione in pazienti con MCI è del 32%. (4-6)

Questo perchè la depressione apporta modificazioni a livello cerebrale tipiche del declino cognitivo: aumento dei processi neuro-infiammatori, maggiore deposito di placche amiloidi e riduzione del fattore neurotrofico BDNF. (5)

APPROFONDISCI >> INFOGRAFICA DEPRESSIONE

Bibliografia

FonteOMS - Depression and other common mental disorders: global health estimates, 2017.

Ministero della salute. http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=164&area=Disturbi_psichici.

Fonte: Ansa.it/salute&benessere2017

Gala C. et al.; G. Gerontologia 2008; 56 (Suppl. 1): 25-33.

Byers A.L. et al.; Nat Rev Neurol 2011; 7 (6): 323-331.

Ismail Z. et.al. ; JAMA Psychiatry, 2017; 74 (1): 58-67.